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San fele (4)
San fele

San Fele

 

Per conoscere meglio San Fele. Arte, storia e tradizioni.

 

Il nucleo della città di San Fele è situato nella parte nord-occidentale della Basilicata, ebbe origine nel 969, con l'edificazione di un castello fortezza, voluto da Ottone I di Sassonia per avvistare e fronteggiare eventuali assedi da parte dei Bizantini, circa un secolo dopo, iniziarono a sorgere intorno al presidio i primi centri abitati.

Storicamente proviene dal feudo corrispondente alla Valle di Vitalba, insieme a Rionero in Vulture, Monticchio, Sant’Andrea, Montemarcone, Castel Lagopesole, Montesirico, Rapone. Il suo nome in origine è riportato come Santo Felice, che per contrazione è mutato prima in Santo Fele ed infine al nome d'oggi.

È un comune prettamente rurale. È noto per la nascita di San Giustino de Jacobis e per la presenza di uno dei più antichi e misteriosi santuari della Basilicata: Santa Maria di Pierno.

La casa in cui nacque San Giustino de Jacobis, il 9 ottobre 1800, si trova nel centro storico di San Fele. Recentemente restaurata, è meta di pellegrinaggi.

Il quartiere sviluppatosi lungo le pendici del Monte Castello è stato rinominato "Rione Costa".

 

All'indomani dell'unità d'Italia, tutta la zona fu interessata dal brigantaggio e famosi briganti come Giovanni Fortunato, detto "Coppa", Vito Di Gianni, detto "Totaro" e Francesco Fasanella, detto "Tinna", si distinsero come luogotenenti del famigerato Carmine Crocco.

 

Come tutti i paesi del Mezzogiorno anche San Fele ha subito una forte emigrazione, si è passati dagli oltre diecimila abitanti del 1871 ai poco più di tremila dei giorni nostri.

 

Con una densità di popolazione di circa trentadue abitanti per chilometro quadrato e la totale assenza di industrie San Fele gode di una natura incontaminata. L’abitato è circondato da boschi secolari solcati da sorgenti di acque cristalline, l’habitat ideale per le numerose specie di animali selvatici presenti.

 

I generosi boschi che circondano San Fele forniscono prodotti di alta qualità che caratterizzano i menù di trattorie tipiche e rinomati ristoranti. Piatti a base di funghi, tartufi, e cacciagione sono accompagnati da verdure e ortaggi freschi coltivati in zona. Come primo piatto, immancabile la tradizionale pasta fatta a mano.

 

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Cascate (4)
Cascate

Cascate

 

Il torrente Bradano sgorga dall'Appennino Lucano in località Matise di San Fele, confluisce nella fiumara di Atella e poi Attraversando il territorio del comune di San Fele il torrente è costretto ad effettuare dei particolari salti di quota che danno origine alle caratteristiche Cascate di San Fele.

Le cascate prendono il nome da "U Uattenniére", la trasposizione dialettale di "gualchiera", macchina utilizzata in antichi opifici cotruiti a ridosso delle cascate proprio per sfruttare la forza dell'acqua che cadendo su pale di legno mettevano in movimento dei magli che "battevano" la lana grezza.

Una vacanza a San Fele permette di scoprire un’area incontaminata ricca di arte, storia e tradizioni che si tramandano da secoli.

 

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Badia di Santa Maria di Pierno

Il santuario della Madonna di Pierno, chiesa e resti di un antico monastero, si trova su un altopiano boschivo a circa dieci chilometri dalla città. San Guglielmo da Vercelli volle la costruzione del santuario Mariano. L'impianto dell’architetto Sarolo di Muro, risalente al XII secolo, è stato alterato nel tempo a causa di crolli e successivi rimaneggiamenti. L'ala ovest del monastero è ben conservata e utilizzata come abitazioni private. A monte della chiesa sono stati effettuati scavi archeologici che hanno riportato alla luce i resti dell'antica badia, costruita probabilmente sovrapponendosi a una minore ma analoga struttura di epoca prenormanna.

 

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Monticchio Laghi

Monticchio Laghi

Monticchio è a circa 35 km da San Fele, incastonato nel verde intenso del monte Vulture, suddiviso fra i comuni di Atella e Rionero in Vulture, formato da due frazioni, Monticchio e Monticchio Sgarroni. Ciò che caratterizza il piccolo centro sono i due laghi (detti "i gemelli del Vulture"), che occupano il doppio cratere centrale vulcanico del Vulture: il Lago Grande (0,4 km2) e il Lago Piccolo (0,1 km2), separati dalla strada statale oramai chiusa al traffico. Simili a prima vista sono in realtà molto diversi. Il Lago Piccolo ha sponde molto ripide, ed è profondo circa 38 m.. Il Lago Grande invece occupa una cavità a forma di imbuto, con bassifondi piuttosto piatti e che solo nella parte Nord diventano una fossa profonda 36 metri.

Il Lago Piccolo è alimentato da alcune sorgenti che da questo, attraverso un ruscello, alimentano il Lago Grande, situato a quota leggermente inferiore. Dal Lago Grande, le acque si riversano nel fiume Ofanto, attraverso un emissario che in estate è spesso in secca.

L'Abbazia di San Michele

Fondata dai Benedettini nel X sec. fu costruita su una grotta scavata nel tufo, nei pressi della quale sono stati ritrovati depositi votivi risalenti al IV-III sec. A.C. La Grotta dell'Angelo dedicata a S. Michele era sede di riunione dei monaci italo-greci che la usavano per le loro preghiere. In seguito nel 1456 l'abbazia passò ai Cappuccini, che fondarono una biblioteca e un lanificio. La costruzione è formata da un convento con diversi piani, una chiesa di epoca settecentesca e la cappella di S. Michele. Vi si accede da un sentiero che attraversa i boschi e conduce all'abbazia che, su una falda del monte Vulture, completamente bianca crea un gradevole contrasto con la natura circostante. Nel 600 la Badia di San Michele fu presa in commenda dal Cardinale Borromeo e successivamente da Cardinale Filippo Neri. Divenne grazie a loro un luogo di pellegrinaggio molto frequentato.

 

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Melfi (2)
Melfi

Melfi

 

Castello Medievale di Melfi sec.XI  Distanza da San Fele Km 35

 

È un comune italiano di 17.752 abitanti della provincia di Potenza, in Basilicata, terzo per numero di abitanti dopo i due capoluoghi di provincia.

 

Costituita da un centro storico di aspetto complessivamente medievale, la città è diventata un importante centro industriale ed è sede di un gran numero di imprese. Il polo industriale di San Nicola di Melfi, sorto nei primi anni novanta, ospita la fabbrica automobilistica SATA, il più avanzato stabilimento del gruppo FIAT in Italia.

 

Le Origini

 

La fondazione di Melfi (sebbene abitata da epoche remote) è di ignota datazione ed esistono vari pareri discordanti. Giovanni Pontano e Leandro Alberti sostennero che i fondatori fossero greci; il monaco longobardo Erchemperto nelle sue opere attribuì la nascita di Melfi ad alcune famiglie dell'Impero romano.

 

Quando Costantino il Grande ricostruì Bisanzio, queste avrebbero deciso di trasferirsi nella città ma, a causa di un violento nubifragio nei pressi di Schiavonia, si sarebbero fermate a Ragusa (Croazia).

 

Dopo esserne state scacciate, sarebbero infine tornate sulle coste italiane e, insediandosi nell'area del Vulture, avrebbero fondato Melfi. Però, per l'insicurezza dalle orde di barbari e le loro scorrerie, continuarono nel loro pellegrinaggio, e fondarono Amalfi (alcuni ritengono che dal nome di Melfi deriverebbe quello della città campana).

 

Esiste un'altra teoria che ne data la fondazione ai primi anni dell'XI secolo, ad opera del generale bizantino Basilio Boioannes (catapano d’Italia dal 1017 al 1027), poiché non esistono prove documentali dell'esistenza della città in tempi precedenti. Né risulta, con le vicine Rapolla e Venosa, nell'elenco delle città daune nominate da Plinio il Vecchio nel 70 d.C. circa.

 

Il Castello

Edificato dai normanni, è uno dei più noti della Basilicata e uno dei castelli medievali più rappresentativi del meridione. Roberto il Guiscardo vi confinò la prima moglie Alberada, ripudiata per sposare Sichelgaita di Salerno. Federico II promulgò qui le Costituzioni di Melfi. Con l'avvento degli angioini il castello subì radicali restaurazioni e fu nominato nel 1284 residenza ufficiale della moglie di Carlo II d'Angiò, Maria d'Ungheria. Gli Aragonesi affidarono il castello prima alla famiglia Caracciolo e poi al principe Andrea Doria, i cui discendenti lo mantennero fino al 1950.

 

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Venosa (2)
Venosa

Venosa

Venosa è sita nel nord della Basilicata su un altopiano compreso tra due valli ed è circondata da una rigogliosa vegetazione e da numerose alture. Dista da San Fele circa 45 Km.

Cenni Storici

Incerta è l’etimologia del nome di Venusia: l'ipotesi che raccoglie maggior credito è quella che ritiene la città fondata in onore della dea dell’amore, Venere (Venus, dal Latino). 
Fu fondata probabilmente dai Pelasgi, il popolo preellenico rappresentante della civiltà micenea. l primi contatti più o meno diretti fra Venusia e i Romani risalgono alla guerra fra Roma e i Sanniti. Nel 291 a. C. Venosa divenne colonia romana. In questa occasione i vinti, anche se conservarono le loro antiche prerogative (magistrati supremi, senato, leggi, moneta ed esercito) non riuscirono però a conservare la lingua, perché, il latino soppiantò l'Osco dei Sabini scacciati. Nel 209 a. C. Roma mandò a Venosa un’altra colonia.

Nel 65 a. C., Venosa dette i natali al letterato Quinto Orazio Flacco, che, fino all’età di undici anni, crebbe in Venosa e che, per continuare gli studi, rinunciando il padre al posto di esattore delle imposte, si trasferì a Roma.

Ma importanza fondamentale ebbe per Venosa l’arrivo dei Normanni nell’XI secolo, grazie ai quali Venosa tornò a fiorire. A capo dei Normanni, c’erano tre fratelli: Guglielmo, Drogone e Umfredo, figli di Tancredi d’AItavilla (e tutti e tre furono in seguito sepolti, assieme a Roberto il Guiscardo e la moglie Aberada, nella chiesa della SS. Trinità, allora una delle più grandi abbazie del sud). Ai Normanni successero gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi e infine i Borboni. Prima i Caracciolo, poi gli Orsini e i Gesualdo, resero Venosa "feudo". Fu proprio Luigi IV Gesualdo che, dopo averla acquistata e dopo aver ricevuto, vent’anni dopo, nel 1661, il titolo di principe, innalzò Venosa alla "dignitas" di Principato.

Nel milleottocento fu protagonista di altri episodi storici, Infatti al movimento liberale che va dal 1821 al 1870 diedero il loro contributo anche i cittadini di Venosa. Nella prima e seconda guerra mondiale Venosa ha sacrificato molti dei suoi cittadini, caduti per la patria. Dal 4 aprile 1967, per decreto del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, Venosa si fregia del titolo di Città.

 

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Lagopesole

Lagopesole

Il Castello

Castello Medievale di Lagopesole sec. XI  Distanza da San Fele Km 30

Se il castello di Melfi è il più noto, Castel Lagopesole è il più bello, magico e misterioso ove aleggia ancora lo spirito del grande Federico II. È l'ultimo dei castelli edificati dall'Imperatore svevo, fra il 1242 e il 1250, quando morì. Andando da Potenza verso il Vulture appare e scompare alla vista alto e solitario su di una radura, splendido se illuminato dal sole. La sua pianta rettangolare lo allontana però dall'esagono, figura classica adottata nel periodo di Federico II. È diviso in due parti, una raccolta intorno al cortile d'onore di rappresentanza; l'altra più legata ai fatti d'arme, il mastio al centro. Per la sua posizione, sulla strada per la Puglia, costituiva una sosta e un incremento alla caccia, grande passione del re.

Probabilmente, esisteva già prima di Federico II, visto che qui si riconciliarono Papa Innocenzo II con l'abate Rinaldo di Montecassino, alla presenza dell'Imperatore Lotario II di Sassonia, al tempo della guerra contro Ruggero il Normanno. Nel 1268 e nel 1294 vi soggiornò (e vi fece restauri) Carlo I d'Angiò. Nel 1416 passò alla famiglia Caracciolo, insieme a Melfi. Nel 1531 Carlo V lo donò ai Doria. È stato museo provvisorio dei reperti salvati dal terremoto e per più di un anno la sua mole rossiccia in bugnato calcareo ha ospitato nelle varie stanze quadri e sculture, arte popolare e aulica, che lo hanno reso una testimonianza fondamentale dell'anima e della storia lucana.

Durante il brigantaggio, Lagopesole fu assediata dalle bande di Carmine Crocco e il castello divenne il loro rifugio. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la frazione fu in corsa con Filiano (allora frazione) per diventare comune autonomo dalla città di Avigliano.

Nel 1951 la scelta cadde su Filiano.

 

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Acerenza (2)
Acerenza

Sulla sommità di un colle delimitato dal fiume Bradano e Fiumarella, suo affluente, sorge l'antica Acheruntia.

Ai suoi piedi, un paesaggio dominato da ampie estensioni di vigneti testimonia la ricchezza di questa terra dove si raccoglie in prevalenza uva aglianico usata per la produzione del famoso vino locale.

Ritrovamenti risalenti al VI - IV sec. a.C. attestano la presenza sul territorio di insediamenti antichi. In particolare è stata rinvenuta una tomba del VI sec. a.C. e una statuetta di bronzo raffigurante Eracle, dio protettore delle genti italiche.

La ricca tradizione storica di Acerenza, che nel corso dei secoli fu soggetta a diverse dominazioni, si intreccia con un solido culto religioso.

La sua cattedrale dedicata a S. Canio, Santo Protettore del paese, è una vera e propria perla che riflette, nell'armonia delle sue forme architettoniche, la luce della fede di cui è custode.

 

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